Dal sito del Corriere
"In caduta la produttività e ...il quoziente intellettivo
La vita ai tempi dell'interruzione.
Ormai sul lavoro, e non solo, non ci si può più concentrare, lo impediscono e-mail, telefonini, Che cosa vi disturba di più?
«L'era dell'accesso», il famoso libro di Jeremy Rifkin analizzava le trasformazioni della società rese possibili dall'avvento delle moderne tecnologie di comunicazione, Internet in testa. Pochi anni dopo, forse è già arrivato il momento di parlare piuttosto di «era dell'eccesso». Eccesso di informazioni, eccesso di comunicazione, soprattutto eccesso di «invasività» dei mezzi di comunicazione, di qualunque tipo. Non si parla solo di media, ma anche, e soprattutto, di scambi di informazioni personali. Il problema ormai non è accedervi ma difendersene. Se n'è accorto anche il Financial Times, che dedica un ampio servizio della sezione «Business Life» al tema.
PRODUTTIVITA' - Come mai proprio il Financial Times? Perchè ormai il problema riguarda anche la produttività lavorativa, che sta calando rapidamente al crescere delle continue interruzioni cui si è sottoposti durante le ore lavorative. Una volta, fa notare l'autore dell'articolo, quando si era alla scrivania si veniva interrotti solo da chi veniva (a piedi) fino alla nostra postazione, oppure da una telefonata. Poi sono arrivate le e-mail e i telefonini, poi gli instant-messenger. Sempre maggiori gli stimoli, sempre più difficile rimanere concentrati. E a complicare le cose, soprattutto dal punto di vista di chi paga gli stipendi, c'è anche la considerazione che un ipotetico calcolo della diminuita produttività non dovrebbe limitarsi a tenere conto solo del tempo sottratto dalle interruzioni, ma anche di quello «speso» per recuperare la concentrazione. E tanto più il lavoro è di concetto e quindi (presumibilmente) meglio pagato, tanto è maggiore il tempo necessario a riportare l'attenzione su quanto si stava facendo e a ripercorrere gli itinerari mentali che avevano condotto fino a quel punto. Un intervallo di recupero che, è stato calcolato, sarebbe in media di 10-15 minuti.
QUOZIENTE INTELLETTIVO - E ci sarebbe anche un problema di vero e proprio rendimento intellettuale. In un sperimento condotto dall'università di Londra, alcuni psichiatri hanno provato a verificare come un gruppo di volontari portavano a termine determinate operazioni prima in un ambiente tranquillo e poi in un altro dove erano sottoposti a continue interruzioni. Ebbene, la misura del quoziente intellettivo dei volontari in questione è risultato di dieci punti più bassi nella seconda condizione.E c'è l'aggravante che chi è abituato alle continue interruzioni si aspetta di essere interrotto anche quando è in pausa, quindi vive in una specie di continuo stato di allerta che non permette mai di «staccare» davvero.
DIPENDENZA - Infine, se esistono i «drogati da lavoro» perchè sorprendersi della «dipendenza da interruzione»? In fondo chi non prova un minimo di soddisfazione quando risponde subito una e-mail, o una telefonata? Magari apparentemente ci si arrabbia per l'interruzione, ma, in fondo, c'è anche la soddisfazione procurata dal fatto di avere «eseguito e finito» un compito.
RIMEDI - Soluzioni? Il quotidiano economico britannico ne cita alcune allo studio. Da sistemi sempre più sofisticati per isolare in un angolo dello schermo del computer i messaggi ricevuti, per poterli poi esaminare in seguito tutti insieme, fino a «contaminuti» con sveglia incorporata, capaci di avvertirci quando siamo «autorizzati» a esaminare mail o a rispondere al telefono (per esempio ogni mezz'ora). Per arrivare fino a misure più decise, come prendersi vere e proprie vacanze dall'invadenza delle interruzioni, per esempio con settimana senza e-mail o istant -messenger.
E SE SCRIVESSIMO UNA LETTERA? - Per chi temesse , in questo caso, di perdere delle occasioni se non controlla la posta elettronica ogni due minuti, vale la pena riflettere sulla banale legge della domanda e dell'offerta: quando le mail erano poche valevano molto, poi sono aumentate e abbiamo dovuto rassegnarci a prestare loro meno attenzione, infine, anche a causa di spam sempre più diffusi, abbiamo dovuto imparare a essere ferocemente selettivi. Quindi c'è da chiedersi quanto perderemmo in «ricezione» se allentassimo la frequenza dei controlli, e quanto perderemmo anche in «spedizione». In altre parole, quanto ci possiamo illudere che siano lette le nostre e-mail? Se scriviamo a una persona importante, per esempio un alto dirigente della nostra azienda, è facile che abbia gli stessi nostri problemi, moltiplicati per un «fattore gerarchia» e che quindi abbia ancora più difficoltà di noi a leggere le missive (compresa la nostra). Figuratevi un amministratore delegato. Per questi livelli il Financial Times suggerisce di prendere carta e penna e di scrivere una bella lettera: quella sì che ha qualche possibilità di essere presa in considerazione."
E' vero! In questa settimana e nella prima di agosto, ho lavorato molto meglio, essendoci un clima più rilassato, meno telefonate, meno "rompiballe", e ho terminato in giornata lavori che di solito mi impiegano più di un giorno a causa delle continue interruzioni.
Poi non avendo neanche l'ufficio mio ma essendo in 8 in uno spazio sì abbastanza grande ma non insonorizzato, le distrazioni e idisturbi sono sempre in agguato!
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